Arpagone |
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| Ci scrive Enzo Senatore: “Ricominciare dalla D non è certo conveniente”. Nota di precisazione L’avventura della Salernitana tra i professionisti è prossima alla fine. Occorre mettersi l’anima in pace e pensare al futuro, che stando a quanto ho potuto apprendere nelle ultime ore da fonti molto bene informate sarà in serie D. Un’onta terribile per la piazza salernitana che nel corso della sua storia mai è finita al di sotto della C1. Da più parti la soluzione del fallimento e della possibilità di ripartire da zero viene salutata come opportuna e vantaggiosa.
Eppure bisogna chiedersi se la prospettiva può davvero essere “conveniente”. Su questo punto nutro grossi dubbi. Nel 2005 si auspicava il ricorso al lodo Petrucci e si diceva che pur di non avere più a che fare con la gestione di Aniello Aliberti sarebbe stato meglio ripartire dall’allora C1 senza debiti e con una nuova società. In poco meno di sei anni quella soluzione si è rivelata fallimentare: il club erede della Salernitana Sport ha prodotto una marea di debiti riportando il calcio cittadino al punto di origine: fallimento quasi certo e biglietto di sola andata per il mondo dei dilettanti, quello “della palla di pezza” tanto per stare alla definizione che ne fornisce da sempre il popolino.
Ripartire dalla serie D significa organizzare una società da zero, ricostruire il parco giocatori e il settore giovanile, accollarsi accordi con i fornitori, realizzare un programma sportivo che sia indirizzato perlomeno al ritorno in tempi brevi nella Lega Pro. Tutta questa operazione, è bene che lo fissiamo in maniera precisa nella mente, ha un costo considerevole che nella migliore delle ipotesi è commisurato ai debiti attuali della Salernitana Calcio.
Per come la vedo io sarebbe stato meglio individuare un imprenditore o una cordata in grado di realizzare una sorta di piano industriale, ripianare i debiti nel medio o lungo termine e ripartire dalla posizione attuale con la certezza di un bacino di pubblico ricostruito e di una forza del marchio in ascesa. Invece pare che nei palazzi della politica che conta si pensi già da tempo alla fine dell’esperienza tra i professionisti e alla programmazione di un campionato tra i dilettanti.
Alla fine, ve lo metto per iscritto adesso, ci diranno che in fondo “la serie D è il male minore visto che si rischiava di finire in Eccellenza o in Terza Categoria come con Aliberti”. Questo passaggio mi offre lo spunto per una riflessione conclusiva che chiama in causa la classe politica salernitana: incapace nel 2005 di salvare il club per via di interessi personali miseri, impotente adesso al cospetto di un nuovo scempio.
Il calcio, in un momento di crisi come quello attuale, può generare un indotto di sviluppo dell’economia attraverso il commercio, il turismo, i servizi. E’ una vetrina per attrarre visitatori e investimenti. Ma bisogna avere le idee chiare come a Palermo, Catania, Livorno, Verona e se vogliamo anche Crotone o Novara: tutte realtà dove la politica ha giocato un ruolo fondamentale, si è legata a grandi imprenditori e ha pianificato sviluppo del territorio e crescita della squadra di calcio.
Invece qui abbiamo assistito a uno spettacolino deprimente durante l’ultima campagna elettorale per le elezioni comunali e ancora siamo costretti a subire bluff e giochetti. I nostri politici (non tutti, perché chi in queste ore è in silenzio durante la scorsa estate ha garantito l’iscrizione della Salernitana) hanno fallito tanto quanto l’imprenditore Antonio Lombardi. Ed è su queste persone che ricade la responsabilità di quanto sta accadendo.
Fonte: Granatissimi.it 30-6-2011Confusione?
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